Magister Gratianus

Graziano con la sua opera ha dato vita al testo che ha dato fondamento al Diritto Comune Canonico: è un uomo misterioso di cui non sappiamo quasi niente, nato probabilmente a Chiusi (Arezzo), probabilmente un monaco. Le dicerie su Graziano sono posteriori: Graziano di sé non dice nulla e tutto ciò di cui si sa è opera dei suoi successori. L’opera di Graziano è nota come Decretum, ma egli diede una denominazione differente: Concordia Discordantium Canonum. L’obiettivo di Graziano è già contenuto nella denominazione della sua opera: la presa d’atto che ci sono canoni discordanti da concordare.
Graziano vive ed opera a Bologna, e lì redige la sua opera: questa conclusione si desume dal fatto che intorno al 1140 quest’opera da lì comincia a circolare ed essere spiegata e studiata nelle scuole di Diritto Canonico. Così come Irnerio è l’iniziatore dello studio del Diritto Civile, così Graziano lo è del Diritto Canonico. Esistono pertanto delle scuole dove si studia la scienza del Diritto Canonico sul testo di Graziano, e la scienza del Diritto Civile sul testo di Giustiniano, mediato da Irnerio.
Non c’era una compilazione ufficiale delle norme della Chiesa (a differenza di quanto accadeva col Diritto Civile), e questo ruolo fu disimpegnato dall’opera di Graziano. Quest’opera diventa definitiva intorno al 1140: si ritiene che questa fu un opera in fieri, ci volle qualche anno prima d’essere definitiva, e da un nucleo più ridotto si giunse ad una versione più integrata. Il Decretum è il frutto di una accumulazione di materiali con una certa struttura: non sono messi lì alluvionalmente ma sono composti con un certo ordine: raccoglie fonti del diritto della Chiesa dalla più varia origine nel corso di questi 1140 anni della Chiesa. Il Decreto di Graziano contiene un canone pubblicato in un concilio lateranense del 1139, pertanto si ritiene che la opera sia coeva. Canonum deve essere inteso in senso lato, ampio: canoni dei concili, brani patristici, decretali, citazioni, frammenti del Diritto Romano, norme tratte anche dal Corpus Iuris Civilis, e norme relative agli ecclesiastici, ed al clero.
Il Corpus Iuris Civilis contiene nelle Novellae, molte norme relative alla Chiesa antica cristiana. I 4000 testi del Decretum Gratiani sono disposti secondo un ordine particolare: è divisa l’opera in tre parti: 101 Distinzioni, 36 Questioni (le questioni sono parti delle Causae; ogni causa può avere più questioni), altre 5 Distinzioni (De consecratione). C’è una ripartizione tematica, e la novità consiste nel fatto che le prime 20 Distinzioni costituiscono una trattazione sulle fonti del Diritto (Tractatus del legibus). Graziano si rende conto che prima di iniziare a parlare di Diritto era necessario parlare di chi avesse il potere di porre il Diritto.
Viene esposta una gerarchia delle fonti di tutti coloro che potessero porre norme, sulla base della sistematica del Corpus Iuris Civilis. Questo titolo (incipit) “Concordia discordantium canonum” è insieme una constatazione, una presa d’atto, una dichiarazione di un programma. La Ratio è di colui che abbia creato l’opera, e si applica nel processo di selezione di questi frammenti: potevano essere 8000, ma c’è stata una selezione, applicando la ragione del compositore nel tentare questa concordia. L’opera è scritta secondo lo schema: pro, contra, solutio. La tripartizione è già visibile nelle Distinzioni: come dare concordanza a questo problema? Il Maestro ne dà la soluzione.
La Questio rappresenta un dibattito fittizio, e questo schema tripartito è il metodo tipico di un altro momento della vita giuridica: il momento del processo. C’è un dibattito fittizio che può, all’interno di una scuola,  rappresentare anche il processo dove nella contrarietà delle parti vi è un terzo che dà la soluzione del caso.
La tripartizione perdura per tutta l’opera, dall’inizio alla fine: ogni causa si articola in varie questiones[1]. Nel risolvere questi problemi quali criteri vengono applicati da Graziano? Algiero aveva creato tre elenchi ordinati di norme ma le regole enunciate sono messe all’opera nella collezione a differenza di Ivo di Chartres. In Graziano no c’è un prologo come in Ivo, ma li mette in opera direttamente i suoi criteri: queste auctoritates non sono messe lì puramente e semplicemente: gli interventi di Graziano sono i Dicta, le cose dette dal Maestro Graziano.
All’apice delle fonti di produzione delle norme è Dio: la legge divina ed il Diritto Divino sono norma fondamentale d’ogni diritto, e Graziano tratta le grandi categorie del Diritto a partire dalle etimologie di Sant’Isidoro di Siviglia: differenza tra ius e lex, consuetudo e mos, species iuris, ius naturalis, ius divinum: i commenti sono contenuti nei suoi dicta, e la edizione ottocentesca prende il nome di “critica” in quanto verifica la veridicità dell’opera.
C’è un dictum di un canone molto importante che Graziano attribuisce ad Isidoro di Siviglia: “Bisogna notare che molti capitoli sono da considerare dalla causa (contestualizzazione della norma sulla base delle motivazioni), dal luogo (connotazione locale delle norme), dal tempo (connotazione temporale, considerando i 1140 anni della Chiesa), dalla persona”. Nella distintio 31 si parla della disciplina del clero, se i sacri ministri possano o meno coniugarsi: ci sono norme che lo vietano, e norme che lo consentono, ma vi sono regimi propri della Chiesa latina, e regimi propri della Chiesa bizantina.
Nella Chiesa latina a partire dal suddiaconato in poi si stabilisce il divieto di contrarre matrimonio a partire dal IV secolo. Nella Chiesa bizantina invece è previsto che una persona coniugata possa ricevere il sacramento del diaconato e del presbiterato: non possono sposarsi da Diaconi o Presbiteri, ma sì viceversa; i presbiteri vedovi possono divenire Vescovi.
Ci si domanda la motivazione di questa discordanza e Graziano riesce a trovare la motivazione locale: “questa differenza deve essere compresa sulla base dei luoghi ove vigono diverse normative, delle diverse tradizioni giuridiche”. L’osservatore razionalizza sulla base dei luoghi: sono entrambe giuste, o una è illegittima? Una delle due deve essere corretta? Sono entrambi leggi giuste, ma giuste nei propri contesti spaziali. Queste discordanze sono ammissibili in quanto si è nell’ambito della lex aeterna: queste sono preceptiones mobiles.
Queste discordanze sono il frutto dello sviluppo storico differenziato. La distintio 56 si apre con una questione: “i figli dei presbiteri non possono diventare essi stessi presbiteri”. Un Dictum dice che se i figli di presbiteri si fanno presbiteri viene fatto sulla base di una imitatio paterna. Ci sono però degli esempi storici di alcuni di questi figli, qualora degne, che sono divenute Vescovi: fino al 1139 i matrimoni dei presbiteri erano illeciti ma non erano nulli.
Graziano ragiona sopra la norma della Distintio 56 ritenendo che l’applicazione sia aderente a quei figli di presbiteri che emulino il crimine dei propri padri, ma attraverso esempi storici se vi sono figli di particolare dignità sarebbe ammissibile una dispensa. Dopo aver individuato una lunga serie di eccezioni enuncia principi ermeneutici fondamentali. La giusta causa consiste nella idoneità, nella dignità, nella opportunità. Ciò che è introdotto attraverso la dispensatio “non può essere tratto a conseguenza di regola”. La norma eccezionale non può avere una interpretazione estensiva ed una applicazione analogica o differente.
Prima di Graziano, Algiero ed Ivo c’era il nulla: questi si inventano le tecniche, o riscoprono quelle proprie dei giuristi romani costruendo strumenti di ragionamento utilizzati tutt’ora. Dal declino della scienza giuridica romana fino al XII c’è stato il buio assoluto: nessuno aveva ragionato in questo modo. La Distintio 62 è relativa alle elezioni ecclesiastiche: queste richiedevano la partecipazione del popolo e del clero, ma bisognava definire il ruolo dell’uno e dell’altro: “brevemente è stato mostrato attraverso quali ordini e gradi i chierici possono essere eletti e promossi”.
Il popolo della Chiesa era stato impersonificato da un governatore secolare (Principe, Re, Imperatore, etc.) nella elezioni dei Vescovi o del Papa, e ci si domandò se mancasse l’effettiva volontà del popolo. Se una comunità ecclesiastica non sopporta il proprio Vescovo, la malitia plebis, la malevolenza, l’ostilità del popolo può essere causa di legittima rinuncia di episcopato o del titolo di Parroco. Il consenso del subiectus è determinante sul fatto che il governante possa esercitare un potere su di lui.
Il Decretum Gratiani non resta chiuso in una biblioteca; talune opere hanno un solo esemplare e non sono state mai pubblicate. Graziano, nella stessa ora in cui compone quest’opera, si fa giurista e maestro: siamo all’inizio delle scuole giuristi che canonistiche, e questo fenomeno è rapidissimo. Contestualmente alla pubblicazione nasce la scuola grazianea, le scuole canonistiche di Graziano, e da Bologna l’opera emigra con gli studenti e con i maestri (domini). L’opera circola con manoscritti, con una immensa fortuna, e quello tenuto nel monastero di San Gallo è la versione più antica, che è una opera probabilmente precedente, risalente al 1120, partendo direttamente dalla seconda parte, e non ebbe una grandissima diffusione.
Le aree in cui è attestata la presenza dell’insegnamento di Graziano sono situate nel Europa Centrale, zona Franco-Renana, Germania, Italia Settentrionale, etc. La Scienza del Diritto Canonico è una scienza del testo, una conoscenza del testo di autorità, del Decretum Gratiani. Tra gli anni ’40 e ’60 del XII sec. allievi di Graziano, studiosi, giuristi, divenuti maestri come Paucapalea, Rufino, hanno perseguito l’opera di Graziano con versioni più ampie con annotazioni. In alcune versioni più recenti si presentò il termine “palea” (Forse in riferimento a Paucapalea, o dal greco “palin”: di nuovo).
Questi manoscritti contengono il Decretum, ma contengono anche delle annotazioni: le glosse. Coloro i quali annotavano il testo appartenevano alla generazione dei glossatori. Il testo, seppur glossato, si diffondeva su libri con copie su fogli di pergamena. La pergamena è una carta non composta di cellulosa: è pelle di pecora. Per poter fare un libro era necessario un artigiano che sapesse lavorare la pelle di pecora, saperla scuoiare, trattare, ripulire, elaborare, spelare, seccare. I confini di questa pelle sono irregolare e la superficie è sottile e molto dura, ed una volta piegata in due si hanno complessivamente quattro facciate: per poter scrivere intere opere era necessario scuoiare interi greggi di pecore.
Il testo normativo dell’opera è distribuito su due colonne con miniature; le miniature avrebbero potuto contenere anche oro, ed il prezzo di un libro era equivalente a quello di un immobile. Inizialmente il lavoro per un libro ammontava ad un anno, ma col passare del tempo, anche grazie all’organizzazione degli stationarii, si è potuto velocizzare il lavoro. La ricopiature veniva attribuita ad una squadra di ricopiatori amanuensi, ed costi avrebbero potuto anche ridursi. Questi libri venivano utilizzati nelle scuole, e questo ci viene provato dalla presenza delle glosse: le glosse erano marginali (se poste al margine), od interlineari (se poste fra un rigo ed un altro): il libro veniva elaborato e perfezionato con molto spazio.
Questi manoscritti venivano utilizzati non solo da una persona sola: avveniva molto spesso la rivendita, il riutilizzo a distanza di anni, cessione, donazione, etc. Le glosse potevano contenere spiegazioni delle nozioni e dei concetti, della littera del testo, rinvii a norme esterne, rinvii a norme romane, rinvii supra, rinvii infra, collegamenti fra i casi, etc. Il Digesto veniva indicato con una D tagliata (D), alcuni studenti mettevano i propri nomi, le proprie firme sui testi, alcuni disegnavano.
C’è chi si prende la briga di scrivere un commento ad ogni canone, e, passando dalle glosse sparse ad un testo completamente glossato, si giunge all’apparatus. L’apparato ordinario è stato redatto da Giovanni Teutonico: l’apparato ordinario è quello che costantemente viene ricopiato accanto al testo del Decreto di Graziano. Altri autori furono: Alano Anglico, Lorenzo Ispano. Il testo su due colonne e con miniature veniva accompagnato da tutto l’apparato di glossa circostante: i margini non sono più vuoti, ma completamente e continuamente pieni di glosse, ed ognuna è indicata con un segno diverso.
L’apparato ordinario conteneva tutte le glosse, tutte le spiegazioni fatte nei decenni, nei secoli precedenti. Di questi apparati se ne sono potuti trovare esempi anche in ambienti extrabolognesi: Francia, Germania, Spagna. Un altro modo di scrivere il testo di Graziano è la summa: questo genere di scrittura cominciò a svilupparsi subito dopo all’instaurazione delle scuole grazianee. Mentre un apparatus è un insieme di glosse, la summa è una spiegazione discorsiva del testo, seguendo il suo ordine, ma senza riportare più il teso.
La più importante e grande summa, la più monumentale è quella di Uguccione da Pisa che la creò nel 1188 ed era professore a Bologna. 


Il Decreto di Graziano era uno straordinario serbatoio di regole giuridiche ed evangeliche; nella prima regola ci si domanda perché c’è il termine “crimine” al posto di “peccato”, ed i giuristi del XII secolo si soffermano sulla distinzione tra crimine e peccato. Le scritture dicono “crimine”, ed il giurista costruisce l’argomento affermando che S. Paolo intendesse (con una glossa e spiegazione grammaticale) “criminalis infamia”, cioè peccato criminale.
Il peccato criminale è qualcosa di diverso e superiore rispetto al semplice peccato.
La seconda regola: La Chiesa non giudica sulle cose occulte. La parola “occultum” ha due significati in parte differenti: segreto, nascosto, occulto, che non si da a vedere, un pensiero che non fuoriesce dalla coscienza, e non sempre ciò che produce la coscienza si traduca in azioni. Quindi occultum lo si potrebbe considerare come contrario di azione e la differenza sta sul piano sostanziale.
Il secondo significato è da attribuirsi a ciò che non ha modo di essere visto (azione in segreto, che non viene conosciuta da altri). I crimini compiuti di notte sono occulta, quindi fatti con la volontà di celarli e quindi giudicati più pesantemente. “Ecclesia” si riferisce alla Chiesa come tribunale ecclesiastico, come ordinamento giuridico, e non giudica dei pensieri per una questione di economia processuale perché i pensieri non possono essere provati. La prima regola serve a creare la dicotomia tra peccato e peccato criminale, la quale differenza sta tra il pensiero e l’azione: il peccato può essere anche solo pensiero (occultum), invece il crimine non è mai occultum. Pressoché tutti i crimini sono peccati, ma non tutti i peccati sono crimini (in quanto occulti). Nessun tribunale umano può provare quei peccati che sono i pensieri.
A partire da questa distinzione si produce un effetto formidabile sul diritto penale (criminale) sviluppatosi ancor prima di Graziano, da Pietro Abelardo, in quanto egli ragiona dicendo che un peccato per essere tale deve essere volontario (non può che essere volontario). Uno degli effetti del peccato del furiosus è l’irregularitas (non per colpa). Una vergine stuprata non compie peccato, ma è sub irregularitatem.
Nasce una parola nell’ambito filosofico teologico “discretio” che serve a comprendere la distinzione tra bene e male: tradotta poi con il discernimento. Si comincia ad applicare la teoria aristotelica della causa: proxima te remotaCon Graziano si intima ai vescovi di allontanare dalla diocesi tutti quelli che credessero nella stregoneria (nel volo notturno delle streghe). Nell’arco di due secoli questa posizione iniziale viene ribaltata mediante provvedimenti ecclesiastici (decretali): è eretico chi non crede nella realtà del fenomeno.
La stregoneria è associata all’eresia: i beni degli eretici vengono confiscati, chi si è macchiato di eresia perde tutti i suoi beni, se la stregoneria è eresia anche i familiari dell’eretico subisce gli effetti del reato d’eresia. Essere eretico significa attribuire al demonio un potere che non è del demonio: se si attribuisce al demonio l’onniscienza si attribuisce al demonio un potere che non ha. Attribuire al demonio la sua formidabile capacità di tentare singifica non commettere eresia perché ad esso si attribuisce la sua capacità.

Il periodo delle decretali (1100) vedeva atti del Pontefice che davano risposte a domande di vescovi o sacerdoti, etc. Dalla risposta del Pontefice si astrae una regola generale ed astratta che può analogamente servire ad altri casi. Si iniziano a creare norme astratte partendo dai casi concreti appunto dalle decretali, le quali vengono raccolte in collezioni. Le collezioni vengo raccolte in ordine logico per la prima volta da Graziano[1]. Del decreto di Graziano (Decretum Gratiani o Concordia) potevasi trovare una risposta al caso sottoposto, in quanto l’opera fu collazionata per evitare discordanze. La decretale più recente prevaleva su quella più antica, e quella di Graziano servì a rendere concorde, omogeneo, e sistematico il messaggio del Papa. Graziano utilizzò per i suoi testi il Diritto Romano per risolvere taluni problemi, ma il Decretum Gratiani non venne utilizzato come Legge vigente. Cento anni dopo Graziano, per opera ed iniziativa dei pontefici, si tentò di raccogliere decretali originali autentiche, attingendo da Graziano e dai pontefici successivi, raccogliendo così una compilazione che si rese ufficiale come legge vigente all’interno della Chiesa. La Chiesa creò il primo Diritto positivo Canonico, ed il giudice avrebbe dovuto far riferimento alla collezione autentica raccolta dal Pontefice. Successivamente tutti gli elementi vengono raccolti in una mega collezione ad opera di Gregorio IX nel 1235 con una grande opera di sintesi ed elaborò un nuovo volume chiamato “Decretali di Gregorio IX” che fino al 1917 ha retto la Chiesa.
Graziano elaborò la prima raccolta; i pontefici successivi fecero la prima raccolta ufficiale; Gregorio IX operò la megasintesi che resse la Chiesa per secoli (Decretali di Gregorio IX).
Le decretali di Gregorio IX riporta un preambolo che enuclea un principio generale del diritto contenuto nella questione presentata, ordinata per tema; tutti gli argomenti sono stati raccolti logicamente in indice. Le decretales extra vagantes di Giovanni XXII sono quelle successive a quelle di Gregorio IX poi raccolte in una nuova compilazione. Un’altra raccolta autentica era il Liber Sextus di Bonifacio VIII, in quanto le decretali di Gregorio IX erano cinque. Bonifacio VIII riportò tutte le decretali successive a Gregorio IX.
Queste tre raccolte costituiscono il Corpus Iuris Canonici: nel 1500 vennero unificate (in una stessa edizione) non confondendole però. Questo Corpus aveva una parte ufficiale (le tre parti unificate) ed una ufficiosa (Decreto di Graziano) che rimase sempre come raccolta privata (come un parere di un giureconsulto al tempo del Diritto Romano). Il Corpus Iuris Canonici fu in vigore fino al 1917, ed era il diritto fondamentale della Chiesa anche se Vescovi e Pontefici potevano emanare nuove norme, non contraddicendo mai però il Corpus Iuris Canonici.
Nel 1917 fu emanato il primo codice di Diritto Canonico, al pari di altri Stati contemporanei, abbandonando il sistema precedente delle decretali: la Chiesa adottò il sistema codicistico, in cui il diritto era già astratto nel codice, senza casi, senza sentenze, senza decretali. Il sistema doveva essere onnicomprensivo, diviso in vari libri, diviso secondo la formula umanistica, con una divisione di fondo risalente al Diritto Romano, con rifacimenti al Diritto Penale, Civile, Amministrativo, etc. Il codice rimodellò il Diritto Canonico precedente.
Il Codice di Diritto Canonico del 1917 rimase in vigore fino al 1984 in quanto il codice del 1983 entrò in vigore nel 1984 (Prima domenica di avvento). Tale codice venne fuori a seguito del Concilio Vaticano II (1962-1965) andando a modificare profondamente la visione della Chiesa precedente: la modifica interessa la visione gerarchica della Chiesa, che viene orizzontalizzata, e così vista come popolo di Dio, comunità, società. Nel nuovo Codice di Diritto Canonico vi è un nuovo libro dedicato al popolo di Dio.  La Chiesa acquista quindi dei riflessi giuridici, trattando i fedeli, e non solo il clero. Entra in vigore nell’84 il nuovo Codice di Diritto Canonico che paradossalmente non vale per tutta la Chiesa, in quanto particolare e non generale: tale Codice vige solo per le chiese cattoliche occidentali. Nel 1059 con lo scisma di Fozio le Chiese orientali diventano autocefale non riconoscendo il Papa (il Vescovo di Roma come capo della Chiesa). Ma restano delle Chiese orientali che mantengono il cattolicesimo ma mutano il rito o talune tradizioni in quanto hanno vissuto fenomeni storici differenti (elezioni vescovi differenti, rito differente, etc.). Il Codice di Diritto Canonico non si applica alle Chiese orientali. Nel 1990 è stato promulgato un codice di Diritto Canonico che vale solo per le chiese cattoliche orientali (Codice dei Canoni delle chiese orientali). La Chiesa ha due codici: Codice di Diritto Canonico e Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Quindi bisognerebbe parlare di “codici” di Diritto Canonico. Nel Codex Iuri Canonici non è contenuto tutto il diritto della Chiesa, ma solo le norme fondamentali: talune norme di diritto universale, o diritto particolare possono non essere incluse nel Codex Iuri Canonici.



[1] Graziano (Bologna, 10 agosto1145/47) è stato un monaco, maestro di arti liberali e vescovo di Chiusi (probabilmente dal 1126/27), italiano e giurista fondatore del diritto canonico nel periodo medievale, precisamente della prima metà del XII secolo.
Egli è un contemporaneo di Irnerio e di Pietro Abelardo, essendo quest'ultimo il celebre monaco francese, raffinato teologo, autore (tra l'altro) del Sic et Non